domenica 5 ottobre 2008

Siamo tornati al tempo dei pirati


Morgan, il più famoso dei pirati aveva le sue basi in alcune isole dei caraibi e si alleava saltuariamente con la regina d’Inghilterra per assaltare i galeoni spagnoli carichi d’oro. I pirati della Malesia agivano invece in proprio e non guardavano in faccia a nessuno. Nel senso che assaltavano, saccheggiavano e ammazzavano chiunque gli capitava a tiro. Sono storie del passato, che sembravano relegate alla letteratura e al cinema.

Negli ultimi tempi sono tornati di moda in carne e ossa. I loro eredi agiscono prevalentemente al largo delle coste somale. Ma ci sono casi anche in Liberia e Sierra leone. I somali operano in grande. Sequestrano grandi yachts e navi da trasporto di qualsiasi dimensione, chiedendo riscatti miliardari. Il 25 settembre scorso hanno catturato un cargo ucraino per il quale chiedono un riscatto di 20 milioni di dollari. A bordo ci sono 20 uomini di equipaggio, 33 carri armati e consistenti quantità di fucili e munizioni. Ora hanno in loro mani una cinquantina di imbarcazioni e circa 200 membri di equipaggi.

La situazione si è fatta talmente grave da indurre molti paesi come Stati Uniti, Francia, Germania e Russia a inviare sul posto navi da guerra e aerei per liberare navi e ostaggi. Certamente riusciranno a liberare molti di questi, ma sarà molto difficile sradicare il fenomeno. I moderni pirati sono molto ben attrezzati e si sospetta che abbiano potenti connivenze locali.

La Somalia vive da molti anni in una situazione di anarchia totale imposta da bande armate di ogni risma. In molti altri paesi africani, ex colonie europee, spadroneggiano dittatori senza scrupoli, che spartiscono i proventi delle notevoli risorse naturali a disposizione tra una ristretta cerchia di privilegiati e abbandonano a grave indigenza gran parte della popolazione.

Certo il colonialismo ha tratto grandi profitti da questi territori e ha fatto poco o nulla per l‘emancipazione culturale, sociale e politica. Ciononostante fa senso sentire che molti di questi dittatori e loro complici hanno studiato nelle migliori scuole e università inglesi, francesi e americane. Si è sempre pensato che la scuola è il più potente mezzo di formazione dei giovani. Ma questi giovani africani, spesso dal curriculum brillante, quando tornano ai loro paesi non riescono a sottrarsi a una specie di richiamo della foresta, fatto di tribalismo, sete di potere, avidità e totale insensibilità ai bisogni delle loro popolazioni.

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