domenica 12 ottobre 2008

Le olimpiadi richiedono nuove regole

olimpiadi ci consentono ogni quattro anni di ammirare molti così detti sport minori, che le TV regolarmente ignorano. Scherma, canottaggio, tiro a volo, nuoto, arti marziali e altri. Ed è proprio in queste discipline che l’Italia ottiene spesso buoni risultati con campioni sconosciuti al grande pubblico. Sarebbe auspicabile che almeno la TV pubblica si ricordasse di loro anche dopo i giochi.

La Rai, che dispone anche di un canale sportivo via satellite, potrebbe dar spazio con una certa regolarità a questi sport. Darebbe allo stesso tempo soddisfazione ad atleti che si allenano duramente tutto l’anno con grande passione e scarsi compensi economici. Consentirebbe agli amanti di queste specialità, che ci sono e numerosi in tutto il Paese, di poter seguire avvenimenti non disponibili altrimenti. Darebbe impulso inoltre alla conoscenza e allo sviluppo di tante diverse discipline sportive.

Certo le Olimpiadi non sono quelle di una volta. Quando erano ammessi solo i dilettanti puri. Il mondo è cambiato e non è possibile tornare indietro. Però c’è un limite a tutto. Non si può mettere a fianco di atleti che vivono per conquistare una medaglia olimpica come massima aspirazione con altri che stanno in TV a giorni alterni, guadagnano milioni di dollari o euro e risiedono a Montecarlo. Prendiamo il calcio e il tennis. Ronaldino e Messi, Nadal, Federer, le sorelle Wiliams, la Sharapova che ci fanno alle olimpiadi. Sono veramente interessat a conquistare una medaglia? E' tempo che chi governa i giochi abbia il coraggio di fare qualche aggiustamento. Se no di questo passo vedremo arrivare alle olimpiadi anche la formula 1 e il moto GP.

Un’altra cosa che sta diventando scandalosa è l’acquisto vero e proprio di atleti da parte di alcuni paesi come i vari emirati arabi e altri. I fondisti e mezzofondisti africani, che se ne trovano a bizzeffe, ormai sono sul mercato come nel calcio. Si parla di naturalizzazione che consiste in questo. Un atleta di un paese da un giorno all’altro diventa cittadino di un altro paese per grazia ricevuta. C’è stato un caso esemplare nelle olimpiadi in corso. Un incontro di beachvolley femminile tra la Russia e la Georgia. Si, proprio tra i due Paesi che si stavano sparando addosso negli stessi giorni. Ma lo sport è lo sport. L’incontro si è svolto regolarmente e si è concluso con la vittoria della Georgia e grande giubilo di tutti i georgiani eccezion fatta per gli abkhazi e gli osseti del sud. Baci e abbracci alla fine dell’incontro, come da prassi, tra le quattro giocatrici. Il giorno dopo però la federazione russa, anche i russi hanno un onore, hanno diffuso un comunicato per informare che la loro squadra aveva perso si ma non contro la Georgia bensì contro il Brasile. Infatti le due ragazze che indossavano la maglia georgiana erano due brasiliane naturalizzate poco prima delle olimpiadi.

Ci sono poi quelli acquisiti per matrimonio. Sempre gli africani eccellono in questo. Spesso si innamorano di bionde nordiche e se le sposano. In questi casi non sono le mogli che diventano africane, ma sono gli africani che diventano nordici indossando le rispettive divise negli stadi. L’Italia fa la sua parte in questo. Abbiamo avuto un’atleta celebrata, come Fiona Mei, nata in Inghilterra da genitori giamaicani e sposata all'ex astista Mei, conosciuto sui campi di gara quando gareggiava sotto i simboli dell'Union Jack. E’ in attività la triplista cubana Magdeline Martinez italiana per matrimonio.
Così come la nazionale femminile di pallavolo annovera la cubana Aguero sposata in Italia, di cui si è parlato molto negli ultimi giorni per tristi vicende che l’hanno addolorata. La Aguero, formidabile campionessa ha già vinto due olimpiadi con la squadra del suo Paese, Cuba. Lo steso dicasi per la canoista tedesca Josefa Idem, sposata con il suo allenatore italiano, che ha partecipato a sette olimpiadi, gareggiando le prime due volte sotto le bandiere della Germania e nelle successive cinque con la maglia azzurra. Per questi casi mi pongo un interrogativo. Il giorno che divorziano, evento non infrequente, per chi gareggeranno? E continueremo a palpitare per loro anche se scelgono di tornare a gareggiare per il loro paese di origine?

I casi sono tali e tanti e riguardano tanti paesi che si potrebbe scrivere un bel romanzo. Il tutto sta diventando però una presa in giro. Dà proprio fastidio, specie quando vincono una medaglia, vedere atleti di un paese che vestono la maglia di un altro paese sventolare insistentemente la bandiera del nuovo paese a uso dei fotografi e della TV e magari versare qualche lacrima quando suonano l’inno nazionale del nuovo paese.

Se non prenderanno qualche misura al riguardo la cosa finirà in burletta. Un primo rimedio potrebbe essere quello di sostituire l’inno nazionale con quello olimpico. E impedire la sceneggiata dei giri di pista, indossando la bandiera ostentatamente agli occhi del pubblico, della TV e dei fotografi.