giovedì 30 ottobre 2008

Il ministro del dire



In questo governo che si autoqualifica del fare c’è un ministro del dire. Molti italiani lo amano e vorrebbero santificarlo, saltando anche la fase della beatificazione. Trattasi del ministro della funzione pubblica e dell’innovazione tecnologica. Dopo aver dimostrato di conoscere poco i problemi veri e i meccanismi di funzionamento della pubblica amministrazione, confondendo gli assenteisti con i fannulloni (vedi post precedente), ora ha fatto un altro proclama puramente demagogico.

Ha chiesto che vengano messi i tornelli anche all’ingresso dei tribunali. I magistrati lavorano poco. Bisogna controllare quando entrano e quando escono. Il commento più sintetico e più tagliente è stato quello del presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati: il Ministro non sa di che cosa parla.

In punta di diritto occorre ricordare al ministro economista che la Costituzione italiana stabilisce vari principi. La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere (art. 104). I giudici sono soggetti solo alla legge (art.101). Il ministro della giustizia ha la facoltà di promuovere l’azione disciplinare (art.107), ma è solo il Consiglio Superiore della Magistratura ad avere il potere di dar corso all’azione e di adottare i provvedimenti disciplinari (art.105).

Di fatto il ministro da anche l’impressione di non essere mai stato in un tribunale, specie nella sezione civile dove pendono il maggior numero di processi. In Italia le strutture sono assolutamente carenti. Le stanze per i giudici. Le scrivanie. Il personale ausiliario. Gli strumenti di lavoro.

In alcune stanze ci sono due, tre e a volte quattro magistrati. Nelle stesse stanze si svolgono le udienze. Quando c’è udienza, con centinaia di avvocati che si accalcano sino nei corridoi, gli altri due o tre magistrati o vanno a spasso o vanno a casa, dove molti scrivono anche le sentenze. Si è mai sentito un ministro della giustizia che si preoccupi di questa situazione e proponga qualche rimedio? Si parla spesso di riforma della giustizia ma per fini ben diversi.

Si, ci sono tre milioni e mezzo di procedimenti civili pendenti e un milione e centomila penali. Queste cifre dicono che i procedimenti che annualmente si avviano sono superiori a quelli che vengono definiti. Ciò significa che i magistrati lavorano poco? In Italia ci sono diverse migliaia di magistrati. Certo tra i tanti ci sarà qualcuno che produce poco ma non si può generalizzare. Anche perché mediamente ogni magistrato italiano emette annualmente un numero di sentenze superiore alla media dei suoi colleghi in Europa.

Non sarà un malcostume italiano di ricorrere in giudizio per ogni minima bega e non significherà niente il fatto che nella sola città di Roma ci sono più avvocati che in tutta la Francia? Il problema come sempre è di estrema complessità ed è bene quindi che parli solo chi è competente istituzionalmente previo attento studio.

lunedì 27 ottobre 2008

La recessione va contrastata prontamente



Siamo in recessione. Gli esperti dicono che durerà a lungo. Almeno un anno. In breve la recessione significa contrazione dei consumi, riduzione delle produzione, aumento della disoccupazione. Questi tre fattori sono ognuno causa ed effetto degli altri. Si autoalimentano in un vortice senza fine.

Vanno presi provvedimenti immediati per spezzare questa catena. Il governo Usa e quelli europei sono stati pronti a mettere in sicurezza le banche e quindi i depositi dei risparmiatori. Continua invece il crollo delle borse con gravi perdite per gli investitori.

Molti hanno lanciato subito l’allarme. Tamponata la crisi finanziaria, con l’eccezione del fallimento della Lehman Brothers, il pericolo maggiore era che la crisi si trasferisse all’economia reale. Con il blocco del credito e la riduzione del potere d’acquisto dei consumatori, la recessione, che già covava, si è manifestata in tutta la sua forza.

In questa fase critica, ogni giorno che passa senza provvedimenti decisi accelera la crisi e la rende più profonda. Il governo tace e nessuno sa cosa intenda fare. La confindustria ha subito chiesto un sostegno alle imprese e sembra che il governo ci stia pensando. Rottamazioni si, rottamazioni no.

Qualunque provvedimento in questo senso non può comunque essere determinante. Bene che vada il sostegno alla produzione andrà a magazzino. Stante la contrazione dei consumi e la impossibilità di aumentare le esportazioni in una fase di crisi mondiale.

Allo stesso modo il rafforzamento degli ammortizzatori sociali, tipo cassa integrazione, è certamente utile. Ma evidentemente non sono una risorsa senza fondo. E non va dimenticato che molti lavoratori, precari e dipendenti di piccole imprese, non godono di questo beneficio.

L’unico fattore in grado di contrastare e rallentare rapidamente le recessione è il potere d’acquisto dei consumatori a basso e medio reddito. Gli altri, quelli ad alto reddito la recessione non la sentono affatto. Continuano a consumare come sempre senza l’aiuto di nessuno. Senza parlare di quelli che in questa congiuntura riescono anche ad incrementare i propri introiti.

E' necessario quindi che il governo adotti misure urgenti per aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e pensionati, che già da tempo non acquistano più auto, capi di abbigliamento e hanno anche ridotto i consumi alimentari. Per questa via si darà un sostegno anche alla produzione e al commercio, frenando l’aumento della disoccupazione.

venerdì 24 ottobre 2008

L'Italia sta diventando un paese produttore di droga




Sino a poco tempo fa la cannabis, dalla quale si ricava marijuana e hashisc, arrivava per lo più in Puglia dall’Albania sui gommoni insieme ai profughi. Ora il traffico si è fatto più difficile e i rifornimenti sono diventati discontinui. La malavita organizzata, padrona di questo bussines, è corsa ai ripari. Scegliendo la soluzione più facile. Produrla in Italia, per lo più al sud, dove clima e ambiente sociale sono favorevoli.

Nell’ultimo anno sono state sequestrate circa due milioni di piante. Il 70% al sud e il resto in varie parti d’Italia. Trattasi di un’organizzazione perfetta. La mafia convince, prospettando larghi guadagni, contadini insospettabili a coltivare la cannabis accanto alle piante di pomodori e di uva. Forniscono istruzioni su coltivazione e cura e poi si presentano a ritirare il raccolto

A fine agosto i carabinieri di Barletta hanno scoperto nelle campagne di Canosa la seconda piantagione mai rinvenuta in Europa. Dieci serre coltivate a cannabis. Quattro mila metri quadrati di superficie. Piante alte tre metri da due kg. ciascuna. Un totale di trenta tonnellate. Il raccolto avrebbe fruttato al dettaglio 75 milioni di euro.

Le serre di Canosa sono solo la punta di un iceberg. Solo ad agosto sono state sequestrate 58 mila piante a Partitico, Palermo, in Provincia di Reggio Calabria e Crotone, a Terlizzi, nel Salento, persino a Torino.

Altro che Colombia. Qui il nemico è arrivato in casa. E’ facile immaginare quale nuovo compito ingrato incombe sulle nostre forze di polizia. Con gli scarsi mezzi a loro disposizione devono ora scovare tra milioni di coltivazioni in pianura, collina e montagna la temuta pianta di cannabis.

E'possibile che qualcuno, prima o poi, prenda in esame la possibilità di abbandonare questa caccia impossibile? Considerato anche che il consumo di marijuana e hashisc è meno dannoso dell’abuso di alcol e tabacco, ora sempre più diffuso tra i giovani.

lunedì 20 ottobre 2008

L'Italia è ancora una democrazia parlamentare?


Il Parlamento, Camera e Senato, non contano sempre meno. La magistratura è stata messa in soggezione. Dei tre poteri, che secondo Montesquieu erano a fondamento della democrazia moderna, ora quello che conta è solo uno: il potere esecutivo, cioè il governo.

Il processo di esautoramento del Parlamento è iniziato con l’approvazione di una nuova legge elettorale da parte del governo di destra a fine legislatura 2001-06. L’eliminazione del voto di preferenza ha tolto al cittadino la possibilità di scegliere la persona che ritiene più adatta a rappresentarlo. Tutti sanno le degenerazioni che provoca la preferenza: clientelismo, voto di scambio, etc. Ma la sua cancellazione produce effetti ancora più nocivi.

Con le liste bloccate, senza cioè voto di preferenza, vengono eletti automaticamente, nell’ordine in cui sono elencati, i candidati che il partito ha deciso di inserire. Nel caso di un partito in cui c’è una democrazia interna con pluralità di orientamenti, si può presumere che la lista sia frutto di un confronto e di una decisione collegiale. Ma se invece il partito fa capo a una sola persona che decide per tutti, le conseguenze sono quelle che possiamo constatare ora.

I membri della destra dell’attuale parlamento, in particolare quelli della frazione maggioritaria al suo interno, sono stati scelti dal loro capo uno per uno in base a precisi criteri. Assoluta fedeltà, disponibilità totale a sostenere le tesi e le argomentazioni del capo (fino al punto di usare le stesse parole).

La loro presenza in Parlamento ha solo una funzione: votare in blocco e senza eccezioni di sorta i provvedimenti del governo. Questo, peraltro, sia per guadagnare tempo, sia per azzerare la possibilità di proporre emendamenti ha usato sinora in larga misura lo strumento del decreto legge, che, come noto è immediatamente esecutivo salvo ratifica del Parlamento entro 60 giorni. In quella occasione poi il Governo mette quasi sempre la questione di fiducia, in modo da impedire qualsiasi discussione e confronto.

Questo uso del DL è palesemente incostituzionale, in quanto riservato ai casi di estrema urgenza e necessità. Pensate al lodo, che porta il nome del ministro della giustizia, emanato con DL e approvato con voto di fiducia. Qual era l’urgenza? Gli effetti di questo modo di procedere sono deleteri per il corretto funzionamento della democrazia. Il Parlamento e in particolare l’opposizione sono ridotti al silenzio.

Qualche tempo fa il governo “è andato sotto” in Parlamento a causa di larghe assenze di suoi membri. Il capo gruppo della maggioranza ha inviato a tutti i suoi colleghi una dura lettera di biasimo, che contiene queste significative frasi: “Lei durante la votazione n. 93 di mercoledì 1° ottobre era assente!”, “Questo non è ammissibile”, “ è una vergogna”, “Lei ha arrecato un grave danno al gruppo, alla maggioranza, al governo e al paese. Non sarà più consentito.”

Nella storia d’Italia nessun parlamentare ha mai ricevuto simile rimproveri e minacce. Poiché i parlamentari non possono essere licenziati durante il mandato, che succederà se l’incidente dovesse ripetersi!

lunedì 13 ottobre 2008

Pirati italiani



La legge italiana punisce severamente la così detta pirateria informatica. Giovani e meno giovani sanno ormai come scaricare da internet programmi, musica e qualche film. Ora è un reato, punibile anche con il carcere. Si ha l'impressione che sia un concessione alle grandi società infomatiche, agli editori musicali e ai produttori cinematografici.

I controlli non sembrano incalzanti. Del resto, chi ha voluto questa legge si rende conto delle sua scarsa efficacia. Perchè è come svuotare il mare con un secchiello. E poi che succede nel resto del mondo? Che tutti fanno del loro meglio per scaricare da internet quello che vogliono.

Inoltre è un assurdo che in un paese come l'Italia, dove persiste un'illegalità diffusa, piccola e grande, si voglia perseguire quello che tutto sommato è un innocuo passatempo.

domenica 12 ottobre 2008

Le olimpiadi richiedono nuove regole

olimpiadi ci consentono ogni quattro anni di ammirare molti così detti sport minori, che le TV regolarmente ignorano. Scherma, canottaggio, tiro a volo, nuoto, arti marziali e altri. Ed è proprio in queste discipline che l’Italia ottiene spesso buoni risultati con campioni sconosciuti al grande pubblico. Sarebbe auspicabile che almeno la TV pubblica si ricordasse di loro anche dopo i giochi.

La Rai, che dispone anche di un canale sportivo via satellite, potrebbe dar spazio con una certa regolarità a questi sport. Darebbe allo stesso tempo soddisfazione ad atleti che si allenano duramente tutto l’anno con grande passione e scarsi compensi economici. Consentirebbe agli amanti di queste specialità, che ci sono e numerosi in tutto il Paese, di poter seguire avvenimenti non disponibili altrimenti. Darebbe impulso inoltre alla conoscenza e allo sviluppo di tante diverse discipline sportive.

Certo le Olimpiadi non sono quelle di una volta. Quando erano ammessi solo i dilettanti puri. Il mondo è cambiato e non è possibile tornare indietro. Però c’è un limite a tutto. Non si può mettere a fianco di atleti che vivono per conquistare una medaglia olimpica come massima aspirazione con altri che stanno in TV a giorni alterni, guadagnano milioni di dollari o euro e risiedono a Montecarlo. Prendiamo il calcio e il tennis. Ronaldino e Messi, Nadal, Federer, le sorelle Wiliams, la Sharapova che ci fanno alle olimpiadi. Sono veramente interessat a conquistare una medaglia? E' tempo che chi governa i giochi abbia il coraggio di fare qualche aggiustamento. Se no di questo passo vedremo arrivare alle olimpiadi anche la formula 1 e il moto GP.

Un’altra cosa che sta diventando scandalosa è l’acquisto vero e proprio di atleti da parte di alcuni paesi come i vari emirati arabi e altri. I fondisti e mezzofondisti africani, che se ne trovano a bizzeffe, ormai sono sul mercato come nel calcio. Si parla di naturalizzazione che consiste in questo. Un atleta di un paese da un giorno all’altro diventa cittadino di un altro paese per grazia ricevuta. C’è stato un caso esemplare nelle olimpiadi in corso. Un incontro di beachvolley femminile tra la Russia e la Georgia. Si, proprio tra i due Paesi che si stavano sparando addosso negli stessi giorni. Ma lo sport è lo sport. L’incontro si è svolto regolarmente e si è concluso con la vittoria della Georgia e grande giubilo di tutti i georgiani eccezion fatta per gli abkhazi e gli osseti del sud. Baci e abbracci alla fine dell’incontro, come da prassi, tra le quattro giocatrici. Il giorno dopo però la federazione russa, anche i russi hanno un onore, hanno diffuso un comunicato per informare che la loro squadra aveva perso si ma non contro la Georgia bensì contro il Brasile. Infatti le due ragazze che indossavano la maglia georgiana erano due brasiliane naturalizzate poco prima delle olimpiadi.

Ci sono poi quelli acquisiti per matrimonio. Sempre gli africani eccellono in questo. Spesso si innamorano di bionde nordiche e se le sposano. In questi casi non sono le mogli che diventano africane, ma sono gli africani che diventano nordici indossando le rispettive divise negli stadi. L’Italia fa la sua parte in questo. Abbiamo avuto un’atleta celebrata, come Fiona Mei, nata in Inghilterra da genitori giamaicani e sposata all'ex astista Mei, conosciuto sui campi di gara quando gareggiava sotto i simboli dell'Union Jack. E’ in attività la triplista cubana Magdeline Martinez italiana per matrimonio.
Così come la nazionale femminile di pallavolo annovera la cubana Aguero sposata in Italia, di cui si è parlato molto negli ultimi giorni per tristi vicende che l’hanno addolorata. La Aguero, formidabile campionessa ha già vinto due olimpiadi con la squadra del suo Paese, Cuba. Lo steso dicasi per la canoista tedesca Josefa Idem, sposata con il suo allenatore italiano, che ha partecipato a sette olimpiadi, gareggiando le prime due volte sotto le bandiere della Germania e nelle successive cinque con la maglia azzurra. Per questi casi mi pongo un interrogativo. Il giorno che divorziano, evento non infrequente, per chi gareggeranno? E continueremo a palpitare per loro anche se scelgono di tornare a gareggiare per il loro paese di origine?

I casi sono tali e tanti e riguardano tanti paesi che si potrebbe scrivere un bel romanzo. Il tutto sta diventando però una presa in giro. Dà proprio fastidio, specie quando vincono una medaglia, vedere atleti di un paese che vestono la maglia di un altro paese sventolare insistentemente la bandiera del nuovo paese a uso dei fotografi e della TV e magari versare qualche lacrima quando suonano l’inno nazionale del nuovo paese.

Se non prenderanno qualche misura al riguardo la cosa finirà in burletta. Un primo rimedio potrebbe essere quello di sostituire l’inno nazionale con quello olimpico. E impedire la sceneggiata dei giri di pista, indossando la bandiera ostentatamente agli occhi del pubblico, della TV e dei fotografi.

sabato 11 ottobre 2008

Lotta ai fannulloni



Il ministro della pubblica funzione e dell’innovazione tecnologica è trionfante. Ha dichiarato guerra ai fannulloni e dice di aver ottenuto risultati strabilianti in pochissimo tempo. Dai dati forniti da alcuni uffici risulta una diminuzione del tasso di assenza per malattia nello scorso mese di luglio del 37%.


C’è un piccolo neo. Gli uffici che hanno risposto rappresentano 210 mila dipendenti, cioè una percentuale del totale pari al 7%. Non si hanno dati quindi sul 93% di tutti i pubblici dipendenti. Secondo i calcoli del ministro su base nazionale la riduzione sarebbe del 37-40%. Molti pensano che questo dato non abbia alcun valore.


Il ministro inoltre confonde gli assenteisti con i fannulloni, che sono altra cosa. I fannulloni sono presenti in ufficio ma lavorano poco o niente. La lotta a questi ultimi è molto più difficile, perché le cause sono molto complesse. Si tratta di gente che non è inserita nell’organizzazione del lavoro, ha cattivi rapporti con i colleghi e con il dirigente. Sono persone emarginate o autoemarginate. Non hanno responsabilità precise e vivono con disagio la loro permanenza in ufficio.


A parte i casi di tipo caratteriale, la responsabilità di queste situazioni dovrebbe essere attribuita al dirigente. Questo è uno dei compiti fondamentali della loro funzione. Coinvolgere nel lavoro, motivare e responsabilizzare tutti i collaboratori. Spesso però non è così. I dirigenti da tempo sono impotenti a risolvere questi problemi. Le cause principali sono: perdita di autorità, difficoltà a esprimere giudizi indipendenti sui collaboratori, interferenze di carattere sindacale, mancato appoggio pieno da parte dei superiori.


Sono questi i problemi che il ministro deve affrontare in via prioritaria. Dalla soluzione non facile degli stessi dipende anche il rimedio vero e duraturo per l’assenteismo. Allora si il ministro potrà dire di aver dato una mano a risolvere i tanti problemi delle pubbliche amministrazioni.

mercoledì 8 ottobre 2008

La Libia ci manda petrolio e clandestini




Una folta delegazione di politici italiani di tutti i colori, capitanata da un ex Presidente del Consiglio e senatore a vita si è recata in Libia per omaggiare il capo di quel paese. Nello stesso giorno sono sbarcati in Sicilia più di mille profughi su imbarcazioni provenienti dalla Libia. Sarà una coincidenza ma si ha l’impressione che il capo libico si prenda gioco dell’Italia.

Nella visita fatta circa un mese fa in Libia dal Presidente del Consiglio italiano, era stato affermato che i due principali aspetti positivi per l’Italia erano quello di assicurarsi la continuità delle forniture di petrolio e l’impegno di quel paese a ostacolare l’afflusso in Italia di emigrati da tutta l’Africa nera e dall’Oriente.

Per ottenere ciò il Governo italiano si è impegnato a sostenere ingenti spese (ancorché diluite nel tempo) per la costruzione di duemila Km. di autostrada fra Tripoli e Bengasi. Per frenare l’emigrazione clandestina, inoltre, l’Italia si è impegnata a fornire impianti di sorveglianza satellitare da installare ai confini meridionali del paese. Sarebbe stato inoltre concordato un pattugliamento congiunto al limite delle acque territoriali libiche. Successivamente è stato però precisato che questo controllo sarà effettuato esclusivamente dai libici su tre motovedette donate dall’Italia.

Questi mezzi probabilmente non sono stati ancora forniti, ma il capo libico continua a dimostrare di non voler muovere un dito per iniziare a limitare questo fenomeno. Anzi si potrebbe sospettare che lo stesso usi questa arma per tenere sotto pressione le nostre autorità e per far capire chi comanda nei rapporti tra i due paesi.

Se le cose non dovessero migliorare in breve tempo, il nostro governo dovrebbe spiegare sulla base di quali garanzie sono stati presi tanti gravosi impegni e su quali precedenti storici e diplomatici l’Italia, unica al mondo, ha chiesto ufficialmente scusa alla Libia per i danni arrecati durante il periodo coloniale.

Il capo libico, di contro, non ha voluto nemmeno prendere in esame la richiesta di risarcimento per i beni sequestrati a migliaia di italiani espulsi qualche anno fa. Egli sa di poter trattare da posizioni di forza perché ha potenti armi nelle sue mani. Alla luce di ciò risulta ancora più incomprensibile l’omaggio che numerosi politici italiani vecchi e nuovi hanno voluto tributargli ieri.

domenica 5 ottobre 2008

Siamo tornati al tempo dei pirati


Morgan, il più famoso dei pirati aveva le sue basi in alcune isole dei caraibi e si alleava saltuariamente con la regina d’Inghilterra per assaltare i galeoni spagnoli carichi d’oro. I pirati della Malesia agivano invece in proprio e non guardavano in faccia a nessuno. Nel senso che assaltavano, saccheggiavano e ammazzavano chiunque gli capitava a tiro. Sono storie del passato, che sembravano relegate alla letteratura e al cinema.

Negli ultimi tempi sono tornati di moda in carne e ossa. I loro eredi agiscono prevalentemente al largo delle coste somale. Ma ci sono casi anche in Liberia e Sierra leone. I somali operano in grande. Sequestrano grandi yachts e navi da trasporto di qualsiasi dimensione, chiedendo riscatti miliardari. Il 25 settembre scorso hanno catturato un cargo ucraino per il quale chiedono un riscatto di 20 milioni di dollari. A bordo ci sono 20 uomini di equipaggio, 33 carri armati e consistenti quantità di fucili e munizioni. Ora hanno in loro mani una cinquantina di imbarcazioni e circa 200 membri di equipaggi.

La situazione si è fatta talmente grave da indurre molti paesi come Stati Uniti, Francia, Germania e Russia a inviare sul posto navi da guerra e aerei per liberare navi e ostaggi. Certamente riusciranno a liberare molti di questi, ma sarà molto difficile sradicare il fenomeno. I moderni pirati sono molto ben attrezzati e si sospetta che abbiano potenti connivenze locali.

La Somalia vive da molti anni in una situazione di anarchia totale imposta da bande armate di ogni risma. In molti altri paesi africani, ex colonie europee, spadroneggiano dittatori senza scrupoli, che spartiscono i proventi delle notevoli risorse naturali a disposizione tra una ristretta cerchia di privilegiati e abbandonano a grave indigenza gran parte della popolazione.

Certo il colonialismo ha tratto grandi profitti da questi territori e ha fatto poco o nulla per l‘emancipazione culturale, sociale e politica. Ciononostante fa senso sentire che molti di questi dittatori e loro complici hanno studiato nelle migliori scuole e università inglesi, francesi e americane. Si è sempre pensato che la scuola è il più potente mezzo di formazione dei giovani. Ma questi giovani africani, spesso dal curriculum brillante, quando tornano ai loro paesi non riescono a sottrarsi a una specie di richiamo della foresta, fatto di tribalismo, sete di potere, avidità e totale insensibilità ai bisogni delle loro popolazioni.

sabato 4 ottobre 2008

L'immondizia sta invadendo l'Italia


L'Italia é assediata dall'immondizia. Causa principale é la mancata raccolta differenziata. Se non si separano i materiali riciclabili dall'umido, non ci saranno mai discariche e termovalorizzatori sufficienti.

I migliori prodotti riciclabili sono carta, vetro e plastica. I tedeschi con i loro moderni impianti ne hanno fatto un affare economico. Producono energia e materia prima per nuovi cicli produttivi.

Non mi addentro nel problema. Mi limito a segnalare due particolari. L'uso spropositato di buste di plastica. Se ne trovano dappertutto in Italia. Nei boschi, sulle montagne, in mare. Dicono che impiegano circa cento anni per degradarsi. Non si può fare proprio nulla per limitarne l'uso fortemente? Vi ricordo che negli Stati Uniti nei supermercati si usano solo buste di carta (lo avete visto nei film).

E ci sono poi gli imballaggi. Buttati così come arrivano intasano velocemente i cassonetti e finiscono poi nell'indifferenziato. Sarebbe impossibile obbligare i commercianti a disarticolarli e confezionare miniballe da consegnare a parte?

venerdì 3 ottobre 2008

La 7 se la passa male


La 7 se la passa male. I bilanci sono in rosso. Le entrate sono date, come noto, dalla pubblicità. Ma questa risulta insufficiente, nonostante che i programmi non siano da buttar via. Chiambretti, otto e mezzo, le invasioni barbariche, Crozza, l'Infedele di Gad Lerner. Nello sport non è seconda a nessun'altra. Coppa America di vela, Torneo delle 6 nazioni di rugby, mondiale superbyke, partite di calcio. Con tutto ciò lo share non supera il 3%.
Ma allora le ditte e le agenzie perché lesinano la pubblicità a questa rete? In teoria, aumentando i canali nazionali, il costo della pubblicità dovrebbe scendere. E invece non é così. C'é chi pensa che le ditte e le agenzie sono "condizionate". Io credo che se gli italiani usassero meglio il telecomando qualcosa potrebbe cambiare.

giovedì 2 ottobre 2008

A Porta Pia si rovescia la storia


Il 20 di settembre ricorreva l'anniversario della breccia di Porta Pia, che mise fine al regno temporale dei papi. Negli ultimi anni erano solo i radicali a organizzare una manifestazione celebrativa sul luogo a Roma. Quest'anno il loro leader ha deciso che la manifestazione si facesse a Londra.

A Roma ci ha pensato il comune a organizzare una bella cerimonia. Vi ha partecipato il vicesindaco bardato di fascia tricolore, in compagnia di qualche prete con la dovuta stola. Ma dove sta la notizia? Eccola. I radicali ricordavano l'evento che portò Roma a essere la capitale d'Italia e commemoravano i 46 bersaglieri morti nell'assalto. Il vicesindaco della nuova giunta capitolina ha invece commemorato i 16gendarmi papalini morti nella stessa occasione nominandoli uno per uno.

La cosa apparentemente di scarso rilievo ha un significato ben preciso. In questa ventata di destra a quelli che vogliono cancellare la resistenza si sono aggiunti altri che vogliono cancellare il risorgimento. Speriamo che non si svegli la Lega per chiedere di cancellare le guerre di indipendenza.